UN MONDO ORDINATO NEL CAOS
Un mondo ordinato nel caos
Reykjavik, ultima tappa prima della partenza.
La visita della capitale islandese è coincisa volutamente con la fine di questo indimenticabile percorso perché, a nostro parere, per cogliere il suo spirito era prima necessario compiere il giro dell’isola per vedere il tipo di territorio con cui ogni giorno convivono gli islandesi.
Possiamo definire Reykjavik come un microcosmo ordinato, immerso in un caos dove gli elementi naturali lottano per sopraffarsi l’un l’altro, dando spettacolari e violente manifestazioni della loro presenza sul pianeta.
La capitale è una città da due volti, uno storico e l’altro contemporaneo, che si fondono insieme, restituendo al visitatore un contesto urbano moderno, con molta attenzione per lo “stilisticamente bello”.
Nella zona che costeggia il fiordo, la città è piena di edifici con sagome geometriche minimaliste, comunicanti tra loro, dove acciaio, vetro, legno e cemento sono ben amalgamati per restituire all’occhio del visitatore uno spettacolo di luci e ombre. Esempio principe di questa unione è il teatro e centro artistico polifunzionale Harpa, situato vicino al mare.
Questa quasi maniacale attenzione per il dettaglio si nota anche nelle strade, nella pulizia, nella qualità dei servizi offerti, nel mostrare il fine ultimo di una città cosmopolita: l’unione in armonia degli uomini.
A proposito d’armonia tra gli esseri umani: passeggiando dall’Harpa lungo il fiordo, dopo circa 10 minuti, abbiamo notato una piccola casa bianca in stile coloniale, con un prato verde curato alla perfezione. Ha destato la nostra attenzione perché, come detto prima, l’architettura nella zona del teatro era contemporanea. Avvicinandoci, abbiamo scoperto che la casa si chiamava Höfði, ed aveva una storia incredibile: ospitò nel 1986 il Summit di Reykjavik, dove si incontrarono Reagan e Gorbaciov per avviare dei negoziati che in seguito sancirono la fine della Guerra Fredda, e l’inizio di una nuova era di pace nel mondo.
Ovunque ci si girava si aveva l’impressione di essere in un posto fuori dal mondo, sembrava quasi di vivere il futuro.
Esattamente, una città che anticipa il futuro, anche a livello sociale.
L’Islanda è stata uno dei primi paesi al mondo a concedere il suffragio universale, il primo paese ad aver un presidente donna, ed è uno dei pochissimi paesi dove le donne in parlamento superano il 25%.
Mentre in Italia dibattono per creare leggi dedicate che favoriscano famiglia e lavoro, in Islanda esistono già da tempo immemore.
Mentre da noi un parlamento bigotto evita di parlare della parità dei diritti di quelli che chiama diversi, in Islanda i diritti delle persone LBGTQ+ sono tutelati fin dal 1996.
Sono talmente accettati che nel 2009 l’Islanda è diventata il primo stato del mondo ad aver una presidente apertamente omosessuale, Jóhanna Sigurðardóttir. Un’avanguardia civile che si palesa un po’ ovunque nella capitale: nel centro città, dove gli edifici storici simboleggiavano un forte attaccamento alle radici del passato, nelle isole pedonali correvano strade dipinte dai colori dell’arcobaleno.
Come detto in precedenza, una città che vuole mantenere vive le sue origini e portarle nel futuro.
Passeggiare in un contesto architettonico del genere sfiorava l’utopia, ed il turista era sempre aiutato a comprenderne questo duplice significato grazie a dei pannelli illustrativi che erano posizionati in ogni angolo.
A cornice di tutto questo erano presenti un’infinità di ristoranti etnici, indizio di un paese cosmopolita, che spuntavano ordinatamente nei luoghi più caratteristici, affiancati da negozi che trattavano arte, antiquariato e libri.
Questa è l’immagine che ci ha lasciato impressa nella menta la capitale d’Islanda: un mondo ordinato aperto al futuro che convive con il caos primordiale degli elementi, su una terra di fuoco e ghiaccio, ai confini del mondo.
Arrivederci Islanda.
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