RITORNANDO ALLA CIVILTA'
Ritornando alla civiltà
Dopo aver lasciato Hof, il numero di macchine incrociate sulla strada 1 stava aumentando considerevolmente, il che poteva significare una cosa sola: stavamo ritornando al mondo civilizzato, nell’area più popolata e turisticamente visitata di tutta l’Islanda.
Abbiamo così percorso la strada principale finché non abbiamo incontrato, nelle vicinanze di Vik, un cartello recante le indicazioni per la spiaggia nera di Reynisfjara, che abbiamo seguito fin ad arrivare ad un parcheggio.
Il vento era molto sostenuto, soprattutto quando abbiamo raggiunto la sabbia nera. La forza del mare era poderosa, e le onde sbattevano sulla battigia con forza immensa.
Abbiamo continuato a passeggiare svoltando a sinistra, dove la splendida falesia grigia formata da rocce basaltiche si innalzava per decine di metri, sulla cui sommità si posavano le pulcinelle di mare, volatili che non avevamo mai visto prima di questa vacanza. Molte si tuffavano a pescare in mare, altre rimanevano immobili, sospese in aria nel forte verto, come per magia, ed altre ancora erano al riparo sulla falesia. Avremmo voluto avvicinarci di più per scattar qualche foto, ma essendo troppo in basso e sprovvisti di obiettivo tele, era impossibile.
Alla fine della passeggiata abbiamo visto Reynisdrangar, bellissime formazioni rocciose che affiorando dalle gelide acque si slanciavano verso il cielo per diversi metri. Nel folklore islandese queste formazioni sono legate a leggende che vedono protagonisti due troll che, sbagliando la tempistica di rientro sulla terraferma, rimasero pietrificati al giungere dell’alba.
A poca distanza ci stava attendendo la tappa successiva della giornata, rappresentata dalla scenografica penisola di Dyrholaey, con il suo antico faro del 1927 e la falesia a picco sul mare con al centro un grande arco, frutto di un’erosione avvenuta in centinaia di anni, simile ai famosi faraglioni di Capri.
Gradita sorpresa è stata, in mezzo ad un vento che soffiava con forza inaudita, l’avvistamento ravvicinato di altre centinaia di pulcinelle di mare.
Essendo stavolta in posizione elevata, abbiamo potuto osservare i loro stranissimi becchi triangolari multicolore ed il loro piumaggio bianco e nero.
Era l’ennesima esperienza in una terra che continuava a regalare ogni giorno sorprese diverse.
Nel punto più elevato, guardando verso ovest, si vedeva la distesa infinita di sabbia nera contendere i propri confini con il bianco delle onde.
La giornata è finita con la visita delle cascate di Skogafoss e Seljalandsfoss, descritte in uno degli articoli precedenti.
Il giorno successivo siamo partiti per l’ultima tappa lontano dalla civiltà di questa indimenticabile vacanza, gli altopiani di Landmannalaugar.
Nonostante il meteo stesse volgendo al brutto, avevamo lo stesso deciso di visitare questa zona.
Mai scelta è stata più azzeccata: una volta arrivati sulla F208 il tempo era cambiato a nostro favore e le nuvole, diradandosi, stavano facendo spazio ad un caldo sole.
La zona geotermica di Landmannalaugar è una terra fantastica, e forse rappresenta al meglio tutta l’Islanda.
Durante i pochi chilometri di trekking abbiamo visto dei prati verdissimi attraversati da caldi rigagnoli, seguiti da un campo di lava solidificato, ed infine una zona di fumarole. Ci siamo fermati al punto in cui in lontananza si vedevano colline dalle coloratissime sfumature simili a quelle incontrate a Leirhnjukur e Kerlingarfjoll, e siamo tornati indietro costeggiando un fiume di origine glaciale. L’escursione ci ha impegnato per tutto quasi tutto il giorno, dandoci solo poco tempo supplementare per visitare l’altissima cascata di Haifoss.
Prima di ritornare a Reykjavik, abbiamo fatto un ultimo rigenerante bagno termale nella valle di Reykjadalur, vicino a Hveragerdi, ed abbiamo visitato le serre di Fridheimar, lontane due chilometri a nord ovest di Fludir.
Perché questa tappa? Perché eravamo curiosi di scoprire come gli islandesi possono, in un territorio in apparenza inospitale per le verdure, coltivare pomodori biologici dal gusto superlativo!
Loro hanno sfruttato il calore geotermico, e lo hanno convogliato per scaldare le serre dove dei cavi sostengono le piante dei pomodori, soprattutto quelli di qualità Ciliegino. Alla luce provvedono delle lampade led che si accendono e si spengono in base alla quantità di luce esterna, il terreno è costituito da un humus del sottobosco finlandese, e all’impollinazione contribuiscono delle colonie di bombi importati dall’Olanda.
Sensazionale, vero?
I pomodori che si ottengono da questo processo sono biologici e hanno un gusto incomparabile, dando del filo da torcere ai pomodori nostrani.
Le serre hanno al loro interno un ristorante che serve queste prelibatezze, e pranzarci è un qualcosa di irrinunciabile.
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