YANGON: SANGUE, SOGNI, ORO 1/3
Yangon: sangue, sogni, oro 1/3
Prima di descrivere il breve viaggio intrapreso in Myanmar durante la fine del 2018, è necessario capire, almeno superficialmente, le dinamiche sociali, storiche e politiche che hanno contribuito a formare questo stato del sud-est asiatico.
Qualche secolo prima della nascita di Cristo, l’attuale Myanmar coincideva con la costituzione delle città-stato Pyu. La popolazione Pyu, presumibilmente di origine Sino-Tibetana, si integrò nell’etnia Bamar, ancor oggi quella predominante, e diffuse il Buddismo.
Essendo la nazione che più ne incarna lo spirito millenario, è praticamente impossibile tenere separata la storia del Myanmar dalla religione, con tutti i suoi risvolti sociali.
Come piccolo esempio di questa unione inscindibile possiamo affermare che la maggioranza delle persone con cui provammo a scambiare quattro parole in inglese seguivano i 5 precetti (non uccidere; non prendere ciò che non è dato; astenersi dalla cattiva condotta sessuale; non mentire; non assumere bevande fermentate che provochino disattenzione), che sono il fondamento per una condotta di vita virtuosa che ha come obiettivo finale la liberazione dalla sofferenza.
Come detto in precedenza, questo modo pacifico di vivere venne portato dalla civiltà Pyu.
Essi erano molto pacifici, e questa non belligeranza permise loro di dedicarsi al commercio con la Cina e l’India, trasformando le proprie città in appetibili rotte commerciali.
Il periodo Pyu terminò circa nell’850 d.C. con la nascita dell’Impero di Pagan (l’attuale Bagan), che fu il primo ad unificare le regioni che successivamente avrebbero costituito il Myanmar.
I sovrani dominarono sulla valle dell’Irrawaddy per quasi 3 secoli, ponendo le fondamenta socio-culturali del Myanmar contemporaneo, e permettendo la larga diffusione del Buddismo in tutta l’Indocina.
Lo strapotere religioso coincise con il declino di questo impero, la cui fine venne ufficialmente decretata dalle ripetute invasioni mongole verso la fine del 1200 d.C.
Successivamente la palla del potere della zona passò a varie dinastie, che vollero più o meno tutte tenere l’antica zona di Ava come capitale del proprio regno.
Questo periodo cominciò nel 1300, e terminò nel 1800 con la conquista britannica ed il successivo periodo coloniale.
Come avvenne in qualsiasi luogo toccato dal colonialismo, il Myanmar venne sfruttato per l’esportazione dei suoi beni agricoli, delle sue materie prime, del suo petrolio e dei suoi minerali preziosi, e alcune bellissime foreste furono completamente disboscate per costruire navi e vagoni dei treni indiani.
Gli inglesi riorganizzarono il territorio in stile coloniale, lo annetterono all’India, e provarono a reprimere la loro cultura, la loro storia e le loro tradizioni.
Questa modernizzazione, che di positivo portò strade, ferrovie, scuole, università ed una sorta di sistema democratico parlamentare bicamerale, di contro scatenò l’ostilità dell’aristocrazia feudale e del clero buddista, defraudati dei loro privilegi.
Nel 1937, in pieno fermento sociale, il Myanmar fu costituito in colonia separata dall’India, ma nel 1942 fu invaso dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale.
I birmani prima li accolsero come liberatori, ma in seguito alla loro efferata violenza passarono agli Alleati.
Dopo la guerra Aung San cercò di ottenere l’indipendenza e riunire pacificamente le etnie, ma fu ucciso nel 1947.
Indipendenza che finalmente avvenne l’anno successivo, sancendo una precaria stabilità fino al 1962, quando i militari fecero un colpo di stato ed instaurarono il loro regime opprimente.
Fu così che il Myanmar si isolò dal resto del mondo, divenendo una delle nazioni più povere nonostante le immense risorse e l’eccezionale ricchezza storico-culturale.
Il movimento democratico di Aung San Suu Kyi germogliò negli anni ’80 e si diffuse sempre di più tra la popolazione stanca di questa dittatura che la riduceva alla fame.
I militari allentarono la loro morsa finché nel 2016 decisero di indire libere elezioni, dopo un lungo percorso di “demilitarizzazione”, che sancì Aung San Suu Kyi come primo presidente del Myanmar eletto democraticamente.
Il Myanmar, nonostante alcune problematiche (come ad esempio il trattamento nei confronti della minoranza islamica Rohingya) si aprì al mondo, facendo conoscere la propria immensa ricchezza culturale ai turisti, finché nel 2021, ancora desiderosi di potere, i militari ripiombarono con un altro colpo di stato, gettando di nuovo questo bellissimo paese nell’ombra.
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