LO SHAN E I POPOLI DEL LAGO INLE
Lo Shan e i popoli del lago Inle
La visita dell’altopiano Shan ci ha donato alcuni tra i momenti più indimenticabili di tutto il viaggio. Arrivarci non è stata cosa semplice: è servito prender un aereo con rotta Heho, e da lì ci siamo affidati ad un tassista privato per raggiungere i punti di interesse.
L’altopiano è una zona fortemente rurale e tranquilla, le cui principali attrazioni sono circoscritte in un’area che comprende le grotte di Pindaya, il lago Inle e le pagode di Kakku.
Le colline coltivate formano dolci pendii di color giallo e verde, e sono attraversate da strade sterrate demarcate da un confine rosso, il color principale della terra ricca di minerali di questa area.
Abbiamo deciso di soggiornare a Nyaungshwe un paio di giorni, dedicandone una intera all’esplorazione del lago Inle usando una delle innumerevoli “canoe a motore” private, mezzo di trasporto ufficiale del lago.
Nb: per acceder al lago vi chiederanno in un posto di blocco una tassa di soggiorno dal valore di circa 10 dollari (prezzo 2018)
Grotte di Pindaya
La grotta di Shwe Oo Min si trova nascosta in una scarpata calcarea che domina la città di Pindaya, ed è una delle attrazioni più particolari di tutto il Myanmar.
La caverna è divisa in numerose sezioni principali che contengono complessivamente più di 9000 statue di Buddha, aggiunte a partire dal XVIII secolo (prima di allora, secondo la leggenda un ragno gigante ne impediva la visita).
Alcuni passaggi all’interno della grotta sono tortuosi, ed in certi è necessario strisciare per terra (sconsigliato a chi soffre di claustrofobia).
Nei dintorni della grotta ci sono delle scalinate coperte che portano al monastero, da cui un’appagante vista su tutta la valle ripaga la fatica.
A fine visita ci siamo fermati in un negozio dove si fabbricavano bellissimi ombrelli di legno interamente dipinti a mano.
Pagode di Kakku
Le pagode di Kakku furono costruite, secondo la leggenda, da dei missionari inviati dal re buddista indiano Asoka nel III secolo A.C.
Storicamente furono edificate per volere di uno dei re di Bagan nel XII secolo D.C.
Il complesso, impossibile da visitare fino al 2001 per un conflitto etnico, comprende più di 2000 piccole pagode che si innalzano dal terreno con la tipica forma di guglia slanciata, sulla cui sommità sono presenti gli immancabili Htis (elementi decorativi in metallo), costituiti anche da alcune piccole campane che risuonano tintinnii surreali a tempo del fruscio del vento, esacerbando l’impronta religiosa e sommessa del luogo.
All’ingresso è presente una piccola vasca che regala dei giochi di riflessione fondendosi con le innumerevoli guglie.
Lago Inle
Il lago Inle è una delle destinazioni più visitate dai turisti di tutto il Myanmar.
Premessa: qui troverete moltissime guide private che tenteranno di portarvi in negozi e bazar già decisi a tavolino per farvi comprare a caro prezzo qualsiasi cimelio.
Il nostro consiglio è di insistere per non cadere in queste trappole e proseguire lungo le rive del lago per godervi in tranquillità il paesaggio, i giardini galleggianti, e la vera essenza di questo luogo destinato, se si continuerà verso la direzione sbagliata, a scomparire.
Purtroppo il lago, per colpa della sempre più eccessiva attività antropica, è diventato inquinato a causa dei pesticidi usati nelle coltivazioni.
Le attività agricole, inoltre, contribuiscono ad un eccessivo sfruttamento delle acque, e tutto questo sta portando la situazione ad un limite irreversibile.
Speriamo che l’amministrazione capisca e riesca a preservarlo per le generazioni future, salvandolo da un amaro destino e riportandolo quasi alla bellezza naturale di un tempo, quando l’acqua era addirittura potabile, e le reti dei pescatori abbondavano di pesci.
Pesci che successivamente erano usati come merce di scambio (e lo sono ancora in parte) nei popolarissimi mercati che sono svolti su palafitte.
I mercati sono crocevia di etnie diverse, e parteciparvi è stata un’esperienza davvero intensa, degna dei documentari televisivi; la gente del luogo, principalmente donne, vendeva ogni sorta di prodotto agricolo, colorando tutta l’atmosfera.
Successivamente, prima di ripercorrere il lago in senso opposto per ritornare nella cittadina di Nyuangshwe, abbiamo raggiunto attraverso un canale nella giungla la cittadina di Indhein, dove abbiamo visitato alcune pagode divenute oramai rovine con il passar inesorabile del tempo.
Proprio qui, su una delle alture, abbiamo incontrato un sorridente monaco intento a riposare seduto sul terreno a gambe incrociate, vicino a dei ceppi di legno tagliati con cura.
Questa scena di serenità è il simbolo di questo popolo.
Un popolo fortemente religioso, che vive la sua vita provando a sorridere, nonostante i problemi politici e di sviluppo tipici dei paesi del terzo mondo.
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