IL RISO TRA UOMO, DEI E NATURA
Il riso tra uomo, dei e natura
È proprio sulla riva del lago di Bratan, piccolo lago incastonato nel verde altopiano del centro-nord, che sorge uno dei templi più ammirati, fotografati e visitati di tutta Bali, l’Ulun Danu Bratan.
Questo gioiello dalla forma inconfondibile che si specchia sull’acqua, risalente al 1633, potrebbe racchiudere tutta l’essenza di quest’isola, il motivo ultimo per cui un viaggiatore deve assolutamente includere Bali tra i suoi itinerari.
Come sempre, visto l’enorme afflusso di visite, consigliamo di visitarlo la mattina presto, magari quando la suggestiva nebbia che si forma a queste altitudini (1200 mt circa) comincia a diradarsi. Per arrivarci bisogna seguire una strada principale che da Ubud attraversa le infinite risaie alternate ad una selvaggia distesa di verde, dove sicuramente verrà voglia di fermarsi ed ammirare il sublime paesaggio circostante (sempre che non troviate la “suggestiva nebbia”).
Di impronta sia buddista che induista, il complesso sacro, dedicato alla dea dell’acqua Dewi Danu, comprende un altare principale usato per le cerimonie.
Emozionante è il piccolo tempio che sorge a pochi metri dall’acqua, che con il suo meru affascina già da grande distanza.
In tutta la zona altari e templi sono attorniati da bellissimi giardini fioriti, curati al minimo dettaglio, e non è raro imbattersi in pellegrini che presentano offerte agli dei per avere in cambio il loro favore.
Una volta lasciato il tempio abbiamo continuato il nostro cammino verso i pittoreschi laghi gemelli, e da lì siamo proseguiti, dopo aver mangiato del nasi (riso) in un piccolo warung, in direzione delle selvagge cascate di Munduk, raggiungibili dopo una breve camminata nella giungla, dove una rigogliosa vegetazione tropicale si alternava a piante di caffè.
Ma ora facciamo un passo indietro nel nostro racconto, tornando al principio, al motivo per cui la visita al tempio Bratan valga da sola l’intera permanenza sull’isola indonesiana.
A Bali, il riso rappresenta l’alimento essenziale per ogni individuo; per rendersi conto della sua importanza basta pensare al fatto che sull’isola il termine riso viene indicato con tre parole distinte: la parola “padi” indica il riso delle coltivazioni, “beras” indica i chicchi pronti alla vendita, e “nasi” viene impiegato per il riso cotto.
Il chicco di riso è la linfa vitale, è parte integrante della millenaria società balinese, è il perno centrale su cui ruota il ciclo armonioso della vita.
A partire dal IX secolo d.C., in quest’isola l’uomo ha saputo costituire un efficace e sostenibile sistema agricolo chiamato Subak, fondendo ingegno, cultura e religione.
Appartenere alla comunità dei Subak significa essere più di un semplice agricoltore: significa far propria la “legge dei tre livelli dell’armonia’’ (Tri Hita Karana) che fonda i suoi filosofici valori sul rispetto verso gli altri individui, verso gli dei e verso la natura.
L’agricoltore balinese considera quindi la sua terra come un dono sacro da proteggere e curare, ed è consapevole che la vita sull’isola è possibile solo da un equilibrio dei tre elementi sopraccitati.
Per questo motivo l’acqua di ogni comunità Subak comincia a defluire verso i campi dai templi consacrati alle divinità, e parte del raccolto viene offerto agli dei chiudendo così il cerchio cosmico.
Il tempio Bratan è uno dei centri più importanti dell’isola, perché al suo interno viene canalizzata l’acqua del lago vulcanico, ed è per questo motivo il fulcro di tutta la comunità della zona, che attinge quest’acqua sacra per irrigare i campi.
Più in generale, è davvero sorprendente vedere il millenario sistema di canalizzazione attraversare le famose risaie terrazzate di Tegallang o Jatiluwih; fa capire quanto la cultura Subak di quest’isola sia basata sulla coltivazione del riso, in modo completamente sostenibile e tradizionale (cosa che ha garantito una resa del terreno altissima, oltre alla nomina Unesco).
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